di Tiziana Viganò
Il
vino è bevanda potente e pericolosa
che trasporta in una dimensione diversa da quella terrena: analogamente a erbe
e droghe usate da altri popoli, espande la coscienza, fa vedere “oltre” e mette
in comunicazione col divino, anzi, fa in modo che il divino stesso faccia parte
dell’uomo, possedendolo: pensiamo ai riti in onore di Dioniso per i greci, Bacco per i
romani, ma anche al significato del bere il Sangue di Cristo per i cristiani.
L’uovo che compare nei miti dell’origine del mondo di molti popoli, è simbolo di forza germinativa, di energia vitale, di nascita e di rinascita, di una totalità chiusa nella perfezione del suo guscio, mentre nel cristianesimo è simbolo di Resurrezione.
La
nostra è l’unica specie animale a trasformare il nutrimento che la Natura
fornisce allo stato grezzo attraverso processi chimici e fisici, ma anche
tecnici e culturali.
Secondo
il mito greco Prometeo rubò il fuoco agli dei, e il processo di trasformazione
dei cibi in cottura permise all’umanità di elevarsi da uno stato animale – in
cui mangiava cibo crudo - alla civiltà – perché poteva cuocerlo -, di passare
dalla natura alla cultura, come sostiene l’antropologo C.Levi-Strauss.
L’uomo
passò dalla raccolta di frutti, radici, tuberi e semi selvatici, tipica delle
popolazioni dei pastori nomadi alla
selezione di piante utili e alla coltivazione, nel Neolitico, circa 10.000 anni
fa, in Mesopotamia: imparò a macinare semi e legumi creando le farine che, insieme
a frutta e verdura, costituirono l’alimentazione umana per millenni e
continuarono ad esserne la base fino al secolo scorso. Dal
Vicino oriente, nel corso di secoli e millenni le nuove tecniche si diffusero
progressivamente in tutte le parti della Terra.
Da
sempre il cibo non identifica soltanto un bisogno primario legato alla pura
sopravvivenza del corpo, ma si riveste di mille e mille significati simbolici.
Parlare
di cibo vuol dire, soprattutto nel nostro mondo ricco e complesso, parlare di
storia, antropologia, psicologia, sociologia,
economia, ecologia, tecnologia: è un argomento vasto, articolato e molto
avvincente, perché ormai nessuno più contesta l’aforisma “L’uomo è ciò che
mangia” (L. Feuerbach, 1862), l’unità e le connessioni tra psiche e corpo, tra
spirituale e materiale. O,
per citare M. Montanari “L’uomo è ciò che mangia, ma è anche vero che mangia
ciò che è, ossia alimenti totalmente ripieni della sua cultura”.
Nel
passato gli uomini erano consapevoli della loro
dipendenza dalla Natura, Grande Madre, Dea: celebravano riti sacri
propiziatori per invocarne la benevolenza, per ringraziarla dei suoi doni e restituirle, sotto varie
forme simboliche, i frutti che avevano raccolto; rispettavano ogni essere
vivente perché sentivano di essere parte di quel Tutto che doveva essere fruito
con
grande equilibrio.
Le
religioni osservavano i cicli della vita, le stagioni e i fenomeni naturali, la
vita e la morte e li interpretavano senza l’aiuto della scienza a venire, si
inchinavano al mistero e in essi
riconoscevano la metafora dell’esistenza su questa Terra e la speranza di
rinascita dopo la morte. Ancora
oggi, presso tutti i popoli della terra, anche nei nostri disincantati paesi
occidentali, sopravvivono miti e riti di un passato ancestrale in cui il
significato simbolico si unisce a quello materiale.
Gli antichi ritenevano sacro e simbolico ogni alimento e oggi noi siamo consapevoli che la qualità intrinseca di ogni cibo è energia che influisce sulla nostra energia. Cibi semplici, non trasformati chimicamente o industrialmente, biologici e biodinamici, provenienti dal nostro territorio, sono importanti per la nostra salute perché diventano parte di noi stessi.
Pensiamo
al suggestivo processo che trasforma un seme in pane, alla sua importanza culturale
in tutti i popoli dai tempi più antichi, al suo significato di alimento
che permette all’uomo di superare lo stato “selvatico”, alla diffusione della
cerealicoltura nel mondo mediterraneo sotto la protezione di Demetra, Cerere e
delle Dee Madri analoghe, all’ostia consacrata in cui Dio Stesso diventa carne
nella carne dell’uomo. Ogni
seme è un miracolo della Natura, così piccolo, a volte secco, in potenza ha la
forza di trasformarsi in una cosa ben diversa, così grande, così viva: pertanto
l’atto di mangiare assume il significato rituale di assimilare l’energia della
pianta o dell’animale.
Particolare del Polittico di Sant'Emidio di Carlo Crivelli (sec XVI) Ascoli.Piceno, cattedrale |
La
mela, frutto proibito per Adamo ed
Eva, ma anche emblema di Venere e delle Tre Grazie, diventa, nelle mani del
Bambino Gesù, il simbolo della sua missione di Redentore dai peccati.
Il
pesce, simbolo della pesca delle
anime, è anche l’acronimo ICHTHYS, iniziali delle parole greche “Gesù Cristo
Figlio di Dio Salvatore” segno segreto grazie al quale i primi cristiani
perseguitati si distinguevano dai pagani.
Sacra conversazione: tavola (1472) di Piero della Francesca. Milano, Brera |
L’uovo che compare nei miti dell’origine del mondo di molti popoli, è simbolo di forza germinativa, di energia vitale, di nascita e di rinascita, di una totalità chiusa nella perfezione del suo guscio, mentre nel cristianesimo è simbolo di Resurrezione.
L’acqua, simbolo ambivalente perché
sorgente di vita, ma anche causa di annegamento e distruzione, opposta al fuoco
come elemento primordiale, è duale anche nell’unione di acqua e vino, metafora
della doppia natura umana e divina di Cristo; in tante religioni è simbolo di
fecondazione e purificazione, come nel Battesimo.
Donato
da Athena agli uomini, l’olivo è
simbolo di pace tra i popoli mediterranei; l’olio placa, purifica e nutre, ma
anche serve per le cerimonie sacre di unzione dei re e dei sacerdoti, così come
nel cristianesimo i tre oli benedetti – crisma, catecumeni e infermi – servono
a consacrare e medicare.
Pensiamo
anche al nettare e all’ambrosia, cibo degli dei greci, che
donavano l’immortalità, e come tale erano vietati agli uomini.
Alcune specie
vegetali
con valenza terapeutica, alimenti-farmaci usati da millenni, unici rimedi di un
passato anteriore alla farmacologia scientifica, sono stati simboli di un
formidabile potere magico e religioso, nelle mani di guaritori e guaritrici,
streghe e stregoni. Oggi per fortuna sono sottoposti a ricerche scientifiche
per essere usati in modo appropriato, in un mondo che si sta evolvendo, ma che,
almeno nelle sue parti più consapevoli, rimane attento a non staccarsi troppo
dalla Natura e a non violentarla.
Se
già Ippocrate, nel V secolo a.C raccomandava che “il cibo sia la
vostra medicina e la medicina il vostro cibo”, oggi la nutraceutica dimostra scientificamente che alcuni alimenti
contengono principi attivi che prevengono le malattie o sono coadiuvanti nella
cura, mentre sotto il nome di alimenti funzionali definisce quegli alimenti che
hanno una composizione particolarmente benefica in toto – quello che in fitoterapia, per i vegetali, si chiama fitocomplesso.
Il
cibo ha sempre avuto anche un significato
etico, il valore di buono e cattivo, di bene e di male. Nel corso della
storia questo concetto si è espresso con il disprezzo del dominante sul
dominato, di un popolo che si crede evoluto rispetto ad altri anche perché
consuma cibi diversi: in realtà le etnie cosiddette primitive, usufruivano – e
tuttora usufruiscono - dell’offerta della Natura al loro territorio (c’è chi
mangia insetti, cani, serpenti, rettili… e chi un tempo si nutriva di carne
umana, anche per credenze religiose).
Pensiamo
alla complessità delle norme che regolano l’assunzione di certi cibi in alcuni
popoli, ebrei e islamici, indù e buddisti, ai seguaci della macrobiotica e ai
vegetariani: il consumo o l’astinenza temporanea o totale ha sempre
accompagnato i riti di passaggio presso i popoli della Terra, ha costituito un
ideale di purificazione e difesa contro qualcosa proveniente dall’esterno che quindi può
contaminare il corpo e lo spirito, mentre il digiuno è sempre stato considerato
come veicolo di ascesi verso una dimensione spirituale, staccata dai bisogni
materiali del corpo.