domenica 30 dicembre 2012

La cultura del cibo (seconda parte) / Miti, riti e simboli del cibo

di Tiziana Viganò


La nostra è l’unica specie animale a trasformare il nutrimento che la Natura fornisce allo stato grezzo attraverso processi chimici e fisici, ma anche tecnici e culturali.
Secondo il mito greco Prometeo rubò il fuoco agli dei, e il processo di trasformazione dei cibi in cottura permise all’umanità di elevarsi da uno stato animale – in cui mangiava cibo crudo - alla civiltà – perché poteva cuocerlo -, di passare dalla natura alla cultura, come sostiene l’antropologo C.Levi-Strauss.
L’uomo passò dalla raccolta di frutti, radici, tuberi e semi selvatici, tipica delle popolazioni dei pastori nomadi  alla selezione di piante utili e alla coltivazione, nel Neolitico, circa 10.000 anni fa, in Mesopotamia: imparò a macinare semi e legumi creando le farine che, insieme a frutta e verdura, costituirono l’alimentazione umana per millenni e continuarono ad esserne la base fino al secolo scorso. Dal Vicino oriente, nel corso di secoli e millenni le nuove tecniche si diffusero progressivamente in tutte le parti della Terra.

Da sempre il cibo non identifica soltanto un bisogno primario legato alla pura sopravvivenza del corpo, ma si riveste di mille e mille significati simbolici.
Parlare di cibo vuol dire, soprattutto nel nostro mondo ricco e complesso, parlare di storia, antropologia, psicologia, sociologia,  economia, ecologia, tecnologia: è un argomento vasto, articolato e molto avvincente, perché ormai nessuno più contesta l’aforisma “L’uomo è ciò che mangia” (L. Feuerbach, 1862), l’unità e le connessioni tra psiche e corpo, tra spirituale e materiale. O, per citare M. Montanari “L’uomo è ciò che mangia, ma è anche vero che mangia ciò che è, ossia alimenti totalmente ripieni della sua cultura”.

Nel passato gli uomini erano consapevoli della loro  dipendenza dalla Natura, Grande Madre, Dea: celebravano riti sacri propiziatori per invocarne la benevolenza, per ringraziarla  dei suoi doni e restituirle, sotto varie forme simboliche, i frutti che avevano raccolto; rispettavano ogni essere vivente perché sentivano di essere parte di quel Tutto che doveva essere fruito con
grande equilibrio.
Le religioni osservavano i cicli della vita, le stagioni e i fenomeni naturali, la vita e la morte e li interpretavano senza l’aiuto della scienza a venire, si inchinavano al mistero e  in essi riconoscevano la metafora dell’esistenza su questa Terra e la speranza di rinascita dopo la morte. Ancora oggi, presso tutti i popoli della terra, anche nei nostri disincantati paesi occidentali, sopravvivono miti e riti di un passato ancestrale in cui il significato simbolico si unisce a quello materiale.

Gli antichi ritenevano sacro e simbolico ogni alimento e oggi noi siamo consapevoli che la qualità intrinseca di ogni cibo è energia che influisce sulla nostra energia. Cibi semplici, non trasformati chimicamente o industrialmente, biologici e biodinamici, provenienti dal nostro territorio, sono importanti per la nostra salute perché diventano parte di noi stessi.

Pensiamo al suggestivo processo che trasforma un seme in pane, alla sua importanza culturale  in tutti i popoli dai tempi più antichi, al suo significato di alimento che permette all’uomo di superare lo stato “selvatico”, alla diffusione della cerealicoltura nel mondo mediterraneo sotto la protezione di Demetra, Cerere e delle Dee Madri analoghe, all’ostia consacrata in cui Dio Stesso diventa carne nella carne dell’uomo. Ogni seme è un miracolo della Natura, così piccolo, a volte secco, in potenza ha la forza di trasformarsi in una cosa ben diversa, così grande, così viva: pertanto l’atto di mangiare assume il significato rituale di assimilare l’energia della pianta o dell’animale.














Particolare del Polittico di Sant'Emidio
di Carlo Crivelli (sec XVI)  Ascoli.Piceno, cattedrale
Il vino è bevanda potente e pericolosa che trasporta in una dimensione diversa da quella terrena: analogamente a erbe e droghe usate da altri popoli, espande la coscienza, fa vedere “oltre” e mette in comunicazione col divino, anzi, fa in modo che il divino stesso faccia parte dell’uomo, possedendolo: pensiamo ai riti in onore di Dioniso per i greci, Bacco per i romani, ma anche al significato del bere il Sangue di Cristo per i cristiani.

La mela, frutto proibito per Adamo ed Eva, ma anche emblema di Venere e delle Tre Grazie, diventa, nelle mani del Bambino Gesù, il simbolo della sua missione di Redentore dai peccati.

Il pesce, simbolo della pesca delle anime, è anche l’acronimo ICHTHYS, iniziali delle parole greche “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore” segno segreto grazie al quale i primi cristiani perseguitati si distinguevano dai pagani.

Sacra conversazione: tavola (1472)
di Piero della Francesca. Milano, Brera

L’uovo che compare nei miti dell’origine del mondo di molti popoli, è simbolo di forza germinativa, di energia vitale, di nascita e di rinascita, di una totalità chiusa nella perfezione del suo guscio, mentre nel cristianesimo è simbolo di Resurrezione.

L’acqua, simbolo ambivalente perché sorgente di vita, ma anche causa di annegamento e distruzione, opposta al fuoco come elemento primordiale, è duale anche nell’unione di acqua e vino, metafora della doppia natura umana e divina di Cristo; in tante religioni è simbolo di fecondazione e purificazione, come nel Battesimo.

Donato da Athena agli uomini, l’olivo è simbolo di pace tra i popoli mediterranei; l’olio placa, purifica e nutre, ma anche serve per le cerimonie sacre di unzione dei re e dei sacerdoti, così come nel cristianesimo i tre oli benedetti – crisma, catecumeni e infermi – servono a consacrare e medicare.

Pensiamo anche al nettare e all’ambrosia, cibo degli dei greci, che donavano l’immortalità, e come tale erano vietati agli uomini.

Alcune specie vegetali con valenza terapeutica, alimenti-farmaci usati da millenni, unici rimedi di un passato anteriore alla farmacologia scientifica, sono stati simboli di un formidabile potere magico e religioso, nelle mani di guaritori e guaritrici, streghe e stregoni. Oggi per fortuna sono sottoposti a ricerche scientifiche per essere usati in modo appropriato, in un mondo che si sta evolvendo, ma che, almeno nelle sue parti più consapevoli, rimane attento a non staccarsi troppo dalla Natura e a non violentarla.

Se già Ippocrate, nel  V  secolo a.C raccomandava che “il cibo sia la vostra medicina e la medicina il vostro cibo”, oggi la nutraceutica dimostra scientificamente che alcuni alimenti contengono principi attivi che prevengono le malattie o sono coadiuvanti nella cura, mentre sotto il nome di alimenti funzionali definisce quegli alimenti che hanno una composizione particolarmente benefica in toto – quello che in fitoterapia, per i vegetali, si chiama fitocomplesso.

Il cibo ha sempre avuto anche un significato etico, il valore di buono e cattivo, di bene e di male. Nel corso della storia questo concetto si è espresso con il disprezzo del dominante sul dominato, di un popolo che si crede evoluto rispetto ad altri anche perché consuma cibi diversi: in realtà le etnie cosiddette primitive, usufruivano – e tuttora usufruiscono - dell’offerta della Natura al loro territorio (c’è chi mangia insetti, cani, serpenti, rettili… e chi un tempo si nutriva di carne umana, anche per credenze religiose).

Pensiamo alla complessità delle norme che regolano l’assunzione di certi cibi in alcuni popoli, ebrei e islamici, indù e buddisti, ai seguaci della macrobiotica e ai vegetariani: il consumo o l’astinenza temporanea o totale ha sempre accompagnato i riti di passaggio presso i popoli della Terra, ha costituito un ideale di purificazione e difesa contro qualcosa  proveniente dall’esterno che quindi può contaminare il corpo e lo spirito, mentre il digiuno è sempre stato considerato come veicolo di ascesi verso una dimensione spirituale, staccata dai bisogni materiali del corpo.